di Dalia Gallico

Joel Peter Witkin

Joel Peter Witkin

dal 29 Febbraio al 27 Aprile 2009

dal 29 Febbraio al 27 Aprile 2009

PAC Padiglione d'Arte Contemporanea - Via Palestro, 14 - 20121 Milano

Descrizione

In mostra circa quaranta opere vintage e opere recenti, in bianco e nero, ripercorrono il lavoro del fotografo americano che affronta tematiche forti ma quotidiane. Nato a Brooklyn nel 1939, figlio di madre italiana cattolica e padre russo ebreo, Witkin ha vissuto un fortissimo e contrastante rapporto con la Religione, Dio, il concetto di Punizione e Morte.
Simbolica ed esemplare "Man Without a head" del 1993 che ritrae il cadavere di un uomo seduto su una sedia: nudo, senza testa e ai piedi un paio di calzini. L’evidente stato di morte per decapitazione e la posizione, seduto come nell’attesa del suo turno, contrastano fortemente con questi calzini neri che tuttavia diventano il punto più forte di tutta la composizione, traccia di vita che lega il cadavere ancora a questo mondo terreno. Joel Peter Witkin è riuscito a cogliere il passaggio esatto tra il “qui” e l’aldilà: un limbo forse dove, come si dice, ogni corpo morto perde 21 grammi. Il peso dell’anima?
Diversamente dalle apparenze, tuttavia, il suo è un inno alla Vita. Partendo dal buio dell’anima dei suoi soggetti, l’artista squarcia il velo sottile tra il mondo “normale” e il mondo delle altrui perversioni, che indaga con la perizia e la maniacale morbosità di un anatomopatologo d’anime costringendo chi guarda ad affrontare le peggiori paure, il proprio “lato oscuro”. Risale al ’56 il lavoro Freaks (“Mostri”) dedicato ai personaggi del Circo di Coney Island, un mondo abitato da diversità e ombre sul quale l’artista giovanissimo vuole gettare un raggio di luce e dal quale è al contempo irrimediabilmente attratto – il suo primo rapporto sessuale fu con un transessuale del circo.
Successivamente la guerra in Vietnam, cui prese parte come reporter (1961-64), lo spinge a considerare la morte con una normalità e un’attenta perizia simile a quella di un medico chirurgo. Cade anche l’ultimo tabù: maneggiare cadaveri - corpi di persone sconosciute e mai reclamate per farne soggetti di opere d’arte. Uomini anonimi e soli i quali tornano protagonisti, in un “viaggio a ritroso” dalla morte alla vita, per un attimo. Il tempo di uno scatto, prima di affidarli all’eterno.
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Comune di Milano

Palazzo Reale

24 Ore Motta Cultura

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