Scapigliatura
Un "pandemonio per cambiare l'arte"
dal 26 Giugno al 22 Novembre 2009
dal 26 Giugno al 22 Novembre 2009
Descrizione
Palazzo Reale ospita una straordinaria mosta dedicata al movimento che coinvolse tutte le arti verso un rinnovamento e un capovolgimento ideologico, artistico e di costume nella Milano postunitaria di fine Ottocento. La Scapigliatura per l’Italia rappresenta l’antesignana delle cosiddette avanguardie storiche, sorta dal calo di tensione etica postrisorgimentale e, come in altri Paesi europei, dalla dissoluzione critica del Romanticismo.
Non a caso ha radici milanesi – come sarà per il Divisionismo e lo stesso Futurismo. Il termine "Scapigliatura" deriva dal titolo del romanzo di Cletto Arrighi (giornalista, scrittore e patriota) La Scapigliatura e il 6 febbraio (1861-62), in cui, con i toni passionali del racconto popolare, si narra la vicenda milanese di un ‘gruppo’ di scontenti e ribelli, "vero pandemonio del secolo … serbatoio … dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti", che finiscono con il sacrificare la vita nei moti antiaustriaci del 1853. Il movimento raccolse personalità libere, unite dall’insofferenza e dalla volontà di scandalizzare i benpensanti.
Pittori, scultori, scrittori, musicisti o gente di teatro, voci spregiudicate e indipendenti, con atteggiamenti bohémien ed esistenze sofferte che, cariche di vibrazione emotiva, contrastarono il conformismo borghese. Gli artisti agiscono insieme, combattono l’accademismo, eleggono a cenacolo le osterie, si esibiscono in happenings di contestazione alla nascente società d’impronta sabauda e al suo «gusto».
Fermento intellettuale, ma anche congerie socio-politica, la Scapigliatura è caratterizzata da una complessa natura in cui le arti visive sono espressione di una «filosofia» e crescono in parallelo con letteratura e musica. La cifra comune è l'attenzione sull’uomo, sull’introspezione, sulle incertezze dell’anima e sulla resa dei sentimenti. E' dunque sul ritratto, sugli interni, sulla scena di genere che si concentra il lavoro degli artisti, lasciando da parte il plein air caro agli Impressisonisti.
LA STORIA
38 artisti e 250 opere tra dipinti, sculture, grafiche e incisioni, testi, fotografie e molto altro ancora, faranno rivivere l’atmosfera di quest’esperienza artistica seguendo il corso di quattro decenni in cui il movimento si è evoluto dall’iniziale serrata polemica ad un nuovo accademismo. Il percorso espositivo, organizzato in sezioni cronologiche, prenderà il via da Gli anni ‘60 dell'Ottocento con opere de Il Piccio, con la sua pittura sfumata tutta d’atmosfera, Filippo Carcano, innovatore nel linguaggio pittorico ma meno propenso all’intimismo, e l’intensità coloristica di Federico Faruffini. I protagonisti della sezione Gli anni ‘70 saranno Daniele Ranzoni, Tranquillo Cremona e Giuseppe Grandi che, in sodalizio, elaborarono la ‘macchia’ scapigliata e la scultura pittorica, sostituendo al finito accademico, basato sul disegno della forma, una materia fluida, in cui la forma è colore carpito alle zone d’ombra, suggerendo, e non descrivendo, il reale. GIi anni ’80 saranno dedicati all’affermazione della scultura scapigliata, che apre la via alla cosiddetta "scultura impressionista" .
In mostra i lavori di Giuseppe Grandi, del quale per la prima volta verranno presentati i gessi - restaurati per l’occasione - del monumento alle Cinque Giornate, di Ernesto Bazzaro, del giovane Paolo Troubetzkoy, allievo di Ranzoni, del primo Leonardo Bistolfi e di Medardo Rosso. L’ultima sezione, Gli anni ‘90, evidenzierà come, in pittura e scultura, l’apporto delle nuove leve permette l’elaborazione di un vero e proprio accademismo del linguaggio scapigliato (come nel caso dello scultore Eugenio Pellini o del pittore Camillo Rapetti), mentre la visione scapigliata diventa un banco di prova per i futuri "divisionisti", come ad esempio Gaetano Previati.
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